Proteggiamo i reni

Intervista a: Stefano Bianchi

Presente nell'uscita: N.4/24

  • Data 28 marzo 2024
Stefano Bianchi

Proteggiamo i reni

La malattia renale cronica è una patologia diffusa ma spesso diagnosticata tardivamente, con conseguenze gravi per la salute e costi sanitari rilevanti. Nonostante la disponibilità di nuove terapie in grado di rallentarne la progressione manca a oggi la piena consapevolezza sull’importanza della diagnosi precoce e del monitoraggio dei soggetti a rischio. In occasione della Giornata mondiale del rene, che ricorre il 14 marzo, ne abbiamo parlato con Stefano Bianchi, presidente della Società italiana di nefrologia.

 La malattia renale cronica è una patologia diffusa ma sottodiagnosticata, è così?

Sì, ha una prevalenza molto elevata: in Italia poco meno di un paziente su dieci ha una malattia renale cronica, della quale nella maggior parte dei casi, non è consapevole. Questo per varie ragioni, principalmente perché si tratta di una condizione asintomatica, che non porta il paziente dal medico per quasi tutta la durata della storia naturale di malattia.

Di cosa si tratta esattamente?

La malattia renale cronica è la più frequente malattia cronico-degenerativa del rene. Il termine si riferisce a diverse condizioni, dalle patologie del sistema immunitario alle malattie genetiche, come il rene policistico. Ma in termini quantitativi, quelle maggiormente legate alla sua insorgenza  e più importanti per il danno renale, in  quanto molto prevalenti nella popolazione generale, sono il diabete, l’ipertensione, l’obesità e le cardiopatie. Da qui la necessità di ricercare il problema, almeno nelle popolazioni a rischio.

In che modo?

Le popolazioni a rischio dovrebbero essere monitorate per individuare, in tempo, un eventuale problema renale; quando i sintomi portano il paziente in ospedale è tardi. Il rene è un organo straordinario: riesce a svolgere le sue funzioni in modo efficiente, fino a quando la funzione renale non si riduce a solo il 15-20% di quella normale. In questi casi è ancora possibile intervenire, ma sicuramente le opzioni sono molto limitate, rispetto a quando la condizione viene  diagnosticata nelle fasi iniziali.

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