In un momento di intensa evoluzione del settore, non privo tuttavia di aspetti critici e sfide, Punto Effe incontra Giuseppe Cirino, docente di Farmacologia presso l’Università Federico II di Napoli, e presidente della Società italiana di farmacologia per il biennio 2022-2024. Filo conduttore delle future attività della Sif, la collaborazione e apertura con società scientifiche in Europa e nel mondo, anche come leva per dare maggiore spazio ai giovani.
Il mio obiettivo è quello di aumentare l’internazionalizzazione della società attraverso attività e iniziative che vedano il coinvolgimento di altre società europee, facenti parte della Ephar, Federation of european pharmacological societies. Ma soprattutto, nel corso del primo anno di questo mio mandato, intendo dare maggiore visibilità ai giovani; in Italia ve ne sono di molto validi e preparati. Per il prossimo settembre abbiamo organizzato l’incontro di Sif- giovani durante il quale i ricercatori under 38 saranno i protagonisti assoluti.
I tre giorni dell’evento, che si terrà a Urbino e completamente in lingua inglese, saranno una occasione di formazione e crescita, e offriranno la possibilità di contatto con gruppi di ricerca internazionali, anche con l’obiettivo di favorire scambi e opportunità di lavoro. Finora sono stati presi accordi con le società di farmacologia di Regno Unito, Spagna, Portogallo e Grecia. L’interazione con i docenti e il comitato direttivo non sarà di tipo frontale; questi avranno piuttosto la funzione di mentore e quella di stimolare la discussione.
I temi trattati, proposti dai partecipanti, verteranno sulle aree di ricerca della farmacologia. La Sif conta diciotto gruppi di lavoro, dedicati ad altrettante aree della medicina, dall’ambito dell’apparato respiratorio e cardiovascolare a quello oncologico, o della farmacologia di genere. Un campo sempre più rilevante, quest’ultimo, e al quale ancora non si dedica la giusta attenzione. Ancora oggi le sperimentazioni, anche nel modello animale, non tengono conto delle differenze di genere. Un’altra iniziativa, che già in passato figurava tra le attività di Sif e che ho tenuto a rilanciare, riguarda i convegni monotematici.
Anche i convegni monotematici sono legati ai gruppi di lavoro Sif; tra le proposte provenienti dai vari gruppi viene scelto il tema oggetto dell’incontro. Il mese scorso, nell’ambito del gruppo di lavoro sull’infiammazione, si è svolto a Firenze il convegno “Nuove strategie terapeutiche per il trattamento delle patologie algiche intestinali”. Per il 2024 è in programma un nuovo convegno monotematico, al quale stiamo lavorando. Tutte queste attività sono prodromiche al futuro congresso nazionale.
Nel novembre 2024 si terrà la 43a edizione del congresso, in sinergia con società scientifiche straniere e un primo accordo è stato raggiunto per un simposio congiunto con la British Pharmacological Society, la più grande società di farmacologia in Europa per numero di iscritti. L’altra novità sarà la presenza della società di farmacologia cinese e la società di medicina tradizionale cinese. Si parlerà di sperimentazione, aspetti preclinici, accesso al mercato, farmacovigilanza. Ma soprattutto di futuro: la scienza di oggi è il medicinale di domani. Come sarà il farmacologo tra vent’anni e quali saranno le competenze addizionali formative necessarie?
Per il futuro le sfide della farmacologia riguardano approcci diversi da quelli tradizionali, basati sulla somministrazione di molecole. A questi già si sono affiancate altre tecniche, basti pensare alle Car-t, che sono qualcosa di molto diverso, e altre ne arriveranno. L’evoluzione incontra anche il mondo dei digital theraputics, ancora poco noti in Italia, ma certamente in grande fermento. Come Sif ce ne stiamo occupando, con l’intenzione di dedicare a questo tema una sessione all’interno del congresso.
Spesso i digital theraputics vengono identificati con semplici App, che permettono il monitoraggio dei parametri vitali. Ma sono invece strumenti digitali, software, molto più sofisticati e in grado di offrire anche un beneficio clinico, per esempio un valore aggiunto in termini di compliance alle terapie. Attualmente sono in fase di sperimentazione terapie digitali che riguardano sistema nervoso centrale, depressione, epilessia. Si tratta di un tema molto complesso che porta con sé aspetti problematici, quali la gestione dei dati dei pazienti e gli aspetti normativi e regolatori.
In questo momento le novità più importanti riguardano senza dubbio le terapie oncologiche, dove siamo arrivati a livelli inimmaginabili solo fino a dieci anni fa, come accade per esempio per il trattamento del melanoma. Senza dimenticare la ricerca inerente i farmaci che interferiscono con i meccanismi legati allo sviluppo di alcuni tumori. Anche la terapia delle Mici - Malattie infiammatorie croniche intestinali - è notevolmente migliorata, grazie alla disponibilità di anticorpi monoclonali. Sono attualmente in fase di sviluppo farmaci basati su small interfering RNA (siRNA); per esempio l’inclisiran, per l’ipercolesterolemia, è stato recentemente immesso in commercio. In generale, la tendenza è verso la medicina personalizzata, poiché si è compreso che dietro una patologia vi sono in realtà decine di casistiche, caratterizzate da diversi meccanismi molecolari.
La mancanza di un prodotto farmacologico può essere dovuta a ritardi nella filiera produttiva, oppure a margini di profitto troppo bassi rispetto al costo, i quali inducono le aziende a non produrli, a meno che non si tratti di farmaci a larghissima diffusione. Negli ultimi tempi la domanda di alcuni farmaci ha superato i quantitativi di produzione, complice il fatto che quest’ultima è ormai demandata a Paesi come Cina e India, i quali inviano i principi attivi ai Paesi committenti solo per la fase di confezionamento. Attualmente la carenza di farmaci, che riguarda soprattutto gli Otc, non desta allarme in quanto anche i prodotti che risultano difficili da trovare, di fatto, sono reperibili in molte referenze.
Tutto questo accade perché si tende a sottovalutare il valore strategico ed economico della salute, e del farmaco, rendendosi dipendenti da altri Paesi. Tuttavia, ritengo sia ancora possibile invogliare le aziende a produrre in Italia, cosa che dovrebbe essere fatta sotto l’egida politica, non partitica, e quindi lungimirante.
Il Pnrr è un’opportunità per la sanità, perché comporta grandi investimenti sulle strutture sanitarie, sviluppo di piattaforme, nuovi approcci terapeutici. Per quanto concerne i fondi gestiti dalle università si sta cercando, con l’acquisizione di attrezzature che permettano sperimentazioni molto sofisticate e destinate ai maggiori centri di ricerca, di creare delle piattaforme per la ricerca pre-clinica e clinica, finalizzate all’ottenimento di nuovi approcci terapeutici.
La Sif avvierà il progetto Lep, Limited Exchange Period, che permetterà ai giovani ricercatori di partecipare a brevi scambi con altre sedi di ricerca, parzialmente sovvenzionati dalla Società. Lo scopo è di promuovere ed agevolare le collaborazioni tra gruppi di ricerca; per esempio nel caso di una sperimentazione che necessita di un particolare strumento non disponibile presso una sede ma presente in un’altra.
Penso che il farmacista non sia l’ultimo anello della catena sanitaria, ma il primo dal basso verso l’alto. Come professionista sanitario di primo impatto dovrebbe avere, e ha, anche il compito di indirizzare il paziente al medico di medicina generale o allo specialista, offrire consigli e informazioni sull’attenzione alla salute, alla corretta alimentazione e agli stili di vita. Il modo in cui ogni farmacista svolge le proprie funzioni è diverso a seconda del territorio in cui si trova ma tutti gli utenti, dal centro città alla farmacia rurale, se pur con diverse modalità, alla fine cercano consigli in merito alla salute.
Non esiste un servizio più capillare della farmacia; per questo credo che quella del farmacista dovrebbe essere la prima figura da coinvolgere nelle campagne di informazione ed educazione ai farmaci, di public awareness, e che dovrebbe essere maggiormente utilizzata in sanità.